“Pietracci”: il romanzo di Cristina Granchelli che scava tra le crepe del sistema carcerario femminile

08.06.2025

Una storia di donne, potere e redenzione ambientata in una prigione siciliana che non lascia scampo

Il carcere di Pietracci è sempre lì, sulla collina fra Agrigento e Favara. Lì comincia la storia di Eva Rinaldi, diciannove anni e un'accusa di rapina che non le appartiene. Una giovane donna perbene, catapultata in un universo ostile e violento, dove le regole sono dettate da codici non scritti e da equilibri precari. Con "Pietracci", Cristina Granchelli firma un romanzo denso e spietato, che alterna due voci femminili in apparenza distanti ma unite da un destino comune: Eva, la nuova detenuta, e Donna Anna Tedesco, ex regina mafiosa costretta a difendere ciò che resta del proprio potere.

Pubblicato nel 2024, "Pietracci" nasce dall'incontro reale dell'autrice con una donna legata a una famiglia mafiosa, e da un successivo viaggio umano dentro storie di detenzione, marginalità e identità negate. «Una famiglia dove i legami di sangue contano poco. O troppo», scrive l'autrice nel romanzo, e in questa contraddizione affonda il senso stesso della narrazione.

Il libro si muove su due piani temporali che si rincorrono: da un lato la quotidianità all'interno del carcere, fra alleanze, soprusi e strategie di sopravvivenza; dall'altro la vita di Anna, che dopo la morte del marito si ritrova suo malgrado a capo di una famiglia mafiosa. Entrambe lottano per qualcosa che le precede: un sogno di vita normale per Eva, un'illusione di controllo per Anna. Il titolo è già una dichiarazione d'intenti: "Pietracci" unisce i nomi di due prigioni reali, Petrusa e Cavallacci, diventando un luogo simbolico e letterario dove tutto può accadere. Granchelli, con una prosa asciutta e incisiva, tratteggia un mondo dove le lacrime sono quelle «che gli altri non devono vedere», e in cui la solidarietà femminile diventa l'unica ancora possibile.

Il romanzo ha già ottenuto importanti riconoscimenti: premio speciale della giuria al concorso Victoria 3.0 (2023), finalista con diploma d'onore all'Argentario 2024 e menzione speciale al premio 'Una storia per il cinema'. Un libro che non consola, ma che restituisce dignità alle storie dimenticate. E che impone una riflessione sul carcere come specchio della nostra società.

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